«Je m’appelle Attikpo Amee Akpene, ma il mio nickname è Charitè, è il nome che ho scelto per il suo significato più profondo. «Carità come amore, come possibilità di incontrare l’altro e stabilire rapporti», così si presenta Charitè in un suo messaggio su WhatsApp.
La nostra protagonista è nata a Kpele Govie Konda, a 150 km dalla capitale Lomè, nel 1958, dove frequenta la scuola primaria ad Asitakpanè e quella secondaria a Kapalinè. Dopo la scuola superiore si sposa e ha tre figli. Una normale famiglia africana togolese, in un tranquillo menage familiare, sino a quando il marito si innamora di un’altra donna e lascia Charitè e i suoi tre figli. Una donna ripudiata (che viene lasciata) in Togo non ha diritti e il marito non ha nessun dovere nei confronti dei figli e dell’ex coniuge.
Così Charitè è costretta a tornare dai genitori, con i suoi figli in età adolescenziale. Il sistema patriarcale è molto forte: la donna non ha nessun diritto e se resta vedova, i beni del de cuius sono trasferiti alla famiglia di origine. Nascere donna, crescere, diventare madre e poi essere lasciata dal proprio partner in un paese dell’Africa può essere simile alla condizione di qualsiasi donna in una qualsiasi parte del mondo, con la sola aggravante che in Togo non ci sono leggi a salvaguardia della famiglia, né consapevolezze individuali e sociali che possano essere di aiuto.
Senza una casa, se non quella dei genitori e senza un lavoro per poter sfamare i figli, decide con una dozzina di donne nubili, vedove e ripudiate, di iniziare a coltivare la terra e allevare animali. Un fare per vivere. Cooperare per sognare una vita migliore. La coltivazione della terra in Togo è “alla zappa”, ovvero non ancora meccanizzata. In questo primo periodo, anche se stanca ed esausta, Charitè comprende il valore dell’indipendenza con cui riuscire ad avere delle piccole entrate per sfamare i figli e mandarli a scuola. L’istruzione è obbligatoria, ma le rette scolastiche sono molto alte e solo il 50% della popolazione in età scolare può usufruire del servizio scolastico. Tra le bambine il tasso di abbandono scolastico è al 74%, soprattutto nelle campagne. Charité si iscrive, allora, al gruppo GF2D (Group de reflexion et action Femme, Democratie e Developpemente), un’organizzazione che opera con partner internazionali a tutela dei diritti delle donne e che ha una scuola interna para-juriste. Intraprende, così, un cammino di studio e di consapevolezza sui diritti sociali, culturali ed economici delle donne, soprattutto per le più giovani e fragili, vedove, nubili e ripudiate (le divorziate per volere del marito).
La presa di coscienza sulla condizione femminile in Togo spinge Charitè in un’opera di sensibilizzazione, mediante la creazione di gruppi femminili che, attraverso comizi nelle piazze, nelle chiese e nelle reti radiofoniche cercano di coinvolgere le donne sul tema del lavoro, fuori dai rigidi schemi di una società patriarcale. Si iniziano, così, a costituire le prime cooperative di lavoro e di studio.
Grazie al confronto con le altre donne, Charitè si rende conto di un aspetto fondamentale che è alla base di uno sviluppo sostenibile: l’affidabilità e la serietà della maggior parte delle donne. Se a una donna viene dato un prestito nel momento in cui inizia una sua attività imprenditoriale, lei avrà la capacità e la volontà di restituirlo. Ogni attività deve avere una sua remunerazione, il cosiddetto “guadagno”. Con il guadagno deve essere restituita una parte del prestito ricevuto, con il guadagno si deve vivere e con il guadagno si deve risparmiare. Concetti alla base di ogni sistema economico, apparentemente scontati, che debbono essere interiorizzati dal mondo femminile togolese come mezzi per reinvestire e continuare il ciclo produttivo.
Il sistema delle cassette di risparmio di legno installate in ogni villaggio è l’esempio che il sistema Charitè sta funzionando. Le donne versano settimanalmente ciò che riescono a risparmiare, l’importo viene annotato sul libretto di risparmio e sulla base di quanto si riesce a risparmiare si può poi ottenere un prestito. Una sorta di rudimentale microcredito, un auto aiuto che educa al risparmio e alla fiducia nelle proprie e nelle altrui capacità. Numerose sono le cooperative di donne costituite nei settori più disparati, da un’agricoltura specializzata al commercio, dall’artigianato all’insegnamento, con lo scopo di lavorare, guadagnare, reinvestire e restituire il prestito, in una sorta di circolo virtuoso soprattutto nelle zone agricole fuori dal circuito più evoluto di Lomè.
Una linfa vitale per il sistema economico togolese, che ha visto migliorare, nel corso di un decennio, le condizioni economiche e sociali delle aree più lontane dalla capitale, la condizione femminile, il processo di alfabetizzazione, con la consapevolezza che si può vivere bene anche in Togo, perché come dice Charitè con le meravigliose donne colorate togolesi: «Noi vogliamo vivere sulla nostra terra, vogliamo lavorare e migliorare le nostre condizioni, vogliamo essere soggetto attivo della nostra storia di donne, madri e imprenditrici. Vogliamo costruire un futuro per i nostri figli».
Oggi Charitè è presidente dell’Unione des Groupement de femme rurales, una piattaforma di circa 1200 donne togolesi, semianalfabete che, attraverso l’aiuto di altre donne, hanno imparato a leggere, a scrivere e a far di conto. Hanno professionalizzato l’attività agricola e sono loro stesse che cercano di promuovere una sorta di parità e di difesa dei propri diritti. Anche gli uomini possono aderire all’associazione, ma solo rinunciando all’accesso a posizioni apicali.
Il “Modello Charitè” funziona da incubatore di idee e, quindi, di impresa, rendendo possibile la formazione di una classe media, fondamentale per consolidare processi di sviluppo durevoli e contenere i movimenti migratori.
Un sistema cooperativo dal basso, con una crescita centrata sulla valorizzazione delle risorse locali e sullo sviluppo del potenziale umano, per creare lavoro con la forza più vitale e viva del paese. Il processo di sviluppo messo in atto ha avuto, dal 2012, il supporto del mondo cooperativo italiano attraverso Federcasse, la Federazione italiana delle Banche di Credito Cooperativo – Casse Rurali e Artigiane, e un pool di 6 Banche di Credito Cooperativo, BCC del Garda, Emilbanca, Banca Centro Toscana-Umbria, Banca Annia, BCC di Treviglio e BCC di Roma.
Il supporto del mondo cooperativo italiano, attraverso finanziamenti per oltre un milione ottocentomila euro a tassi agevolati, ha rafforzato le casse rurali togolesi in un’ottica di economia circolare ed etica nel senso più vero del «Cooperare, un fare insieme per vivere meglio».
Articolo di Anna Rita Calcagni – Associazione iDEE donne del Credito Cooperativo (*)
(*) iDEE collabora con Toponomastica femminile a un progetto che intende portare alla luce le tante figure femminili impegnate nel settore del credito cooperativo e nel mondo dell’imprenditoria, una collaborazione di cui questa rubrica costituisce un primo passo.